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Πέμπτη, 17 Ιουλίου, 2025

Ο Πάπας Λέων ΙΔ’ θα μεταβεί στη Νίκαια με τον Οικουμενικό Πατριάρχη

Στην κατοικία του στο Καστέλ Γκαντόλφο, ο Πάπας Λέων ΙΔ’ δέχθηκε σήμερα, Πέμπτη 17 Ιουλίου 2025, τους συμμετέχοντες στο Ορθόδοξο-Καθολικό οικουμενικό προσκύνημα από τις Ηνωμένες Πολιτείες Αμερικής, ένα προσκύνημα στους τόπους των Αποστόλων Πέτρου και Παύλου στη Ρώμη και του Αποστόλου Ανδρέα στην Κωνσταντινούπολη, σημαντικό λόγω και του φετινού εορτασμού της 1700ής επετείου της Συνόδου της Νίκαιας.

Ο Πάπας, όπως δήλωσε στο σημερινό ακροατήριο, ελπίζει να ταξιδέψει στη Νίκαια και να συμμετάσχει στον οικουμενικό εορτασμό της επετείου. Απευθύνοντας έναν ιδιαίτερο χαιρετισμό στον «σεβαστό αδελφό του, Πατριάρχη Βαρθολομαίο», ο Λέων ΙΔ΄ τόνισε ότι το Σύμβολο της Πίστεως, το σύμβολο της πίστης που υιοθέτησαν οι συγκεντρωμένοι Πατέρες, «παραμένει – μαζί με τις προσθήκες που έγιναν από τη Σύνοδο της Κωνσταντινούπολης το 381 – η κοινή κληρονομιά όλων των Χριστιανών».

SALUTO DEL SANTO PADRE LEONE XIV 
AI MEMBRI DI UN PELLEGRINAGGIO ECUMENICO 
PROVENIENTE DAGLI STATI UNITI D’AMERICA

Castel Gandolfo
Giovedì, 17 luglio 2025

Miei cari fratelli e sorelle,

rivolgo un cordiale saluto a tutti voi, specialmente al Metropolita Elpidophoros e al Cardinale Tobin, che ringrazio per aver voluto organizzare questo incontro nell’ambito del vostro pellegrinaggio. Siete tutti benvenuti. Mi spiace di essere leggermente in ritardo. Stamattina ci sono stati diversi incontri in programma. Sono però molto felice di poter trascorrere con voi il presente momento in questo splendido luogo, Castel Gandolfo.

Siete partiti dagli Stati Uniti che, come sapete, sono il mio Paese nativo, per questo viaggio, che vuol essere un ritorno alle radici, le fonti, i luoghi e le memorie degli Apostoli Pietro e Paolo a Roma, e dell’Apostolo Andrea a Costantinopoli. Questo è anche un modo per sperimentare in forma nuova e concreta la fede che nasce dall’ascoltare il Vangelo, sentire il Vangelo trasmessoci dagli Apostoli (cfr Rm 10,16). È significativo che il vostro pellegrinaggio si svolga quest’anno, nel quale celebriamo i millesettecento anni del Concilio di Nicea. Il Simbolo della fede adottato dai Padri riuniti rimane – insieme alle aggiunte apportate dal Concilio di Costantinopoli del 381 – patrimonio comune di tutti i cristiani, per molti dei quali il Credo è parte integrante delle celebrazioni liturgiche. Inoltre, per una provvidenziale coincidenza, quest’anno i due calendari in uso nelle nostre Chiese coincidono, così che abbiamo potuto cantare all’unisono l’Alleluia pasquale: “Cristo è risorto! È veramente risorto!”.

Tali parole proclamano che le tenebre del peccato e della morte sono state vinte dall’Agnello immolato, Gesù Cristo nostro Signore. Questo ci ispira grande speranza, perché sappiamo che nessun grido delle vittime innocenti della violenza, nessun lamento delle madri in lutto per i loro figli rimarrà inascoltato. La nostra speranza è in Dio, e proprio perché attingiamo costantemente alla fonte inesauribile della sua grazia, siamo chiamati a esserne testimoni e portatori. La Chiesa cattolica sta celebrando il nostro Anno giubilare il cui motto, scelto dal mio predecessore Papa Francesco, è Peregrinantes in Spe, cioè pellegrini nella speranza. Eminenza, Metropolita Elpidophoros, il suo stesso nome ci dice che Lei è portatore di speranza! Spero che il vostro pellegrinaggio vi confermi tutti nella speranza che nasce dalla fede nel Signore risorto!

Qui a Roma, avete trascorso del tempo in preghiera sulle tombe di Pietro e Paolo. Mentre ora visitate la Sede di Costantinopoli, vi chiederei di portare il mio saluto e il mio abbraccio, un abbraccio di pace, al mio venerato fratello il Patriarca Bartolomeo, che tanto cortesemente ha partecipato alla Santa Messa di inizio del mio Pontificato. Spero di potervi incontrare di nuovo, tra qualche mese, per prendere parte alla Commemorazione ecumenica dell’anniversario del Concilio di Nicea.

Il vostro pellegrinaggio è uno dei frutti abbondanti del movimento ecumenico volto a ristabilire la piena unità tra tutti i discepoli di Cristo, secondo la preghiera del Signore nell’Ultima Cena, quando Gesù disse: «perché tutti siano una sola cosa» (Gv 17,21). A volte diamo per scontati questi segni di condivisione e di comunione che, pur non significando ancora la piena unità, manifestano già il progresso teologico e il dialogo nella carità che hanno caratterizzato gli ultimi decenni. Il 7 dicembre 1965, alla vigilia della conclusione del Concilio Vaticano II, il mio predecessore San Paolo VI e il Patriarca Atenagora firmarono una Dichiarazione Congiunta, cancellando dalla memoria e dal vissuto della Chiesa le sentenze di scomunica seguite agli eventi del 1054. Prima di allora, un pellegrinaggio come il vostro probabilmente non sarebbe stato nemmeno possibile. L’opera dello Spirito Santo ha creato nei cuori la disponibilità a compiere quei passi, come presagio profetico di piena e visibile unità. Anche noi, da parte nostra, dobbiamo continuare a implorare dal Paraclito, dal Consolatore, la grazia di percorrere la via dell’unità e della carità fraterna.

L’unità tra i credenti in Cristo è uno dei segni del dono divino della consolazione; la Scrittura promette che «a Gerusalemme sarete consolati» (Is 66,13). Roma, Costantinopoli e tutte le altre Sedi non sono chiamate a contendersi il primato, per non rischiare di ritrovarci come i discepoli che lungo il cammino, proprio mentre Gesù annunciava la sua passione imminente, discutevano su chi di loro fosse il più grande (cfr Mc 9,33-37).

Nella Bolla di indizione dell’Anno giubilare, Papa Francesco ha osservato che «questo Anno Santo orienterà il cammino verso un’altra ricorrenza fondamentale per tutti i cristiani: nel 2033, infatti, si celebreranno i duemila anni della Redenzione compiuta attraverso la passione, morte e risurrezione del Signore Gesù» (Spes non confundit, 6). Spiritualmente, tutti noi abbiamo bisogno di tornare a Gerusalemme, la Città della Pace, dove Pietro, Andrea e tutti gli Apostoli, dopo i giorni della passione e risurrezione del Signore, ricevettero lo Spirito Santo a Pentecoste, e da lì resero testimonianza a Cristo fino ai confini della terra.

Possa il ritorno alle radici della nostra fede far sperimentare a tutti noi il dono della consolazione di Dio e ci renda capaci, come il buon Samaritano, di versare sull’umanità di oggi l’olio della consolazione e il vino della gioia. Grazie.

By Christopher Wells

A joint Orthodox-Catholic pilgrimage to Rome, Constantinople, and Nicea “is one of the abundant fruits of the ecumenical movement aimed at restoring full unity among all Christ’s disciples,” Pope Leo XIV told participants in the pilgrimage on Thursday, as he welcomed them to the papal summer residence at Castel Gandolfo.

The pilgrimage “From Rome to New Rome” comprises fifty Greek Orthodox, Byzantine Catholic, and Latin Catholic pilgrims from the United States, and is being led by the Greek Orthodox Archbishop Elpidophoros of America and Cardinal Joseph Tobin, Archbishop of Newark, New Jersey.

In his greetings, Pope Leo noted that the pilgrimage is intended “to return to the sources”: to Rome, where Sts Peter and Paul were martyred; Constantinople—now Istanbul—associated with St Andrew; and to Nicea, the site of the first Ecumenical Council 1700 years ago this year.

The Pope went on to highlight the common celebration of Easter in 2025, observed on the same date by those who follow both the Gregorian and Julian liturgical calendars, which allowed all Christians to proclaim together the Easter Alleluia, “Christ is risen! He is truly risen!”

Those words, Pope Leo XIV said, proclaim the passion and resurrection of Jesus, “the Lamb that was slain” to redeem us from “the darkness of sin and death.” The redemption won by Christ “inspires us with great hope” while also calling us “to be witnesses and bearers of hope,” recalling the motto of the Jubilee Year, pilgrims of hope.

“It is my hope that your pilgrimage will confirm all of you in the hope born of our faith in the Risen Lord!” Pope Leo said.

Looking ahead to the group’s visit to Constantinople, the Pope asked the pilgrims to convey his greetings to the Patriarch Bartholomew, saying he hoped to meet him again in person during the ecumenical commemoration of the anniversary of the Council of Nicea.

The Holy Father went on to describe the group’s ecumenical pilgrimage as one of the many signs that “already manifest the theological progress and the dialogue of charity that mark recent decades,” especially since the Joint Declaration of Pope Paul VI and Patriarch Athenagoras removing the mutual excommunications that followed the break in relations between Rome and Constantinople in 1054.

“For our part,” the Pope said, “we too must continue to implore from the Paraclete, the Consoler, the grace to pursue the path of unity and fraternal charity.” Looking ahead to the two-thousandth anniversary of the Redemption, Pope Leo said, “Spiritually, we must all return to Jerusalem, the City of Peace,” where the Apostles received the Holy Spirit before going on to bear witness to Christ “to the ends of the earth.”

Pope Leo concluded his address with the prayer, “May our return to the roots of our faith make all of us experience the gift of God’s consolation and make us capable, like the Good Samaritan, of pouring out the oil of consolation and the wine of gladness on today’s humanity.”

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