Ο Οικουμενικός Πατριάρχης Βαρθολομαίος έφτασε την Πέμπτη 4 Ιουλίου 2024 στον αερολιμένα της πόλης του Μιλάνου για τριήμερη επίσκεψη στην Επισκοπή της Ιβρέας, προσκεκλημένος του Επισκόπου της Θεοφιλ. κ. Edoardo Aldo Cerrato, προκειμένου να παραστεί σε εκκλησιαστικές εκδηλώσεις, προς τιμήν του Αγίου ιερομάρτυρος Σαβίνου, επισκόπου και προστάτου της Ιβρέας.
Ο Πατριάρχης από το Μιλάνο μετέβη στον Ναό του S. Ulderico, στην Ιβρέα, και συμμετείχε στην προσευχή για την εορτή του Αγίου Σαβίνου, ενώπιον των λειψάνων του Αγίου. Στο τέλος της ακολουθίας απηύθυνε θεολογική ομιλία στα ιταλικά, προς τους πιστούς.
Μέλη της Πατριαρχικής συνοδείας είναι: ο Σεβ. Μητροπολίτης Ιταλίας κ. Πολύκαρπος, ο Θεοφιλ. Επίσκοπος Ξανθουπόλεως κ. Παΐσιος, οι Πανοσιολ. Τριτεύων κ. Βαρνάβας και Αρχιμανδρίτης κ. Ιωάννης Μπατσής, ιερατικώς Προϊστάμενος της Κοινότητος Milano, και ο εκ των Γραμματέων του Πατριαρχείου κ. Χρυσοβαλάντης Γκιουλγκούν.
OMELIA DI SUA SANTITA’ BARTOLOMEO ARCIVESCOVO DI COSTANTINOPOLI – NUOVA ROMA E PATRIARCA ECUMENICO DOPO LA PREGHIERA NELLA CHIESA DI SAN ULDERICO “CHIEA SINODALE E CASA COMUNE” (Ivrea, 4 Luglio 2024)
Ἱερώτατε Μητροπολῖτα Ἰταλίας κ. Πολύκαρπε,
Vostra Eccellenza Mons. Edoardo Aldo Cerrato, Vescovo di Ivrea,
Eminenze, Eccellenze, Reverendissimi Padri,
Figli amati nel Signore,
Con grande gioia siamo giunti dalla lontana città di Costantino, la capitale dell’allora Impero Romano d’Oriente, la Nuova Roma secondo le intenzioni del Santo Imperatore e dei primi Concili Ecumenici, il centro della Chiesa in Oriente, la odierna Istanbul, dove sempre ha sede la Santa e Grande Chiesa Martire di Cristo, il Fanar, la Chiesa di Costantinopoli, il Patriarcato Ecumenico. Siamo giunti in questa terra, il Canavese e in questa splendida città di Ivrea, su invito dell’eccellentissimo vescovo Edoardo Aldo Cerrato, in questi giorni che la Chiesa locale festeggia la memoria di San Sabino, vescovo e martire dei primi secoli e appartenente alla memoria della Chiesa indivisa.
Veramente era impensabile un tempo che il Patriarca Ecumenico venisse da Oriente per festeggiare assieme al vescovo locale di una diocesi storica e antica della Chiesa d’Occidente, la memoria dei santi. Il lungo cammino ecumenico che Pastori ispirati da Dio come il nostro Predecessore il Patriarca Ecumenico Athenagoras e il Papa Paolo VI di beata memoria hanno percorso su un sentiero irto di difficoltà, per la loro grande fede, per la loro smisurata fiducia nel sostegno di Dio e nell’attendere il detto evangelico “che tutti siano uno”, ci danno la possibilità di essere qui assieme e pregare assieme e lavorare assieme per il Regno di Dio. Il dialogo teologico intrapreso tra le nostre Chiese Sorelle, ha già chiarito molte incomprensioni del passato, ci permette di vedere sotto una luce diversa quello che ancora non abbiamo risolto, ma soprattutto ha aperto una nuova stagione di rapporti, incentrati sull’amore evangelico e sulla speranza che non delude, secondo l’insegnamento del nostro Salvatore.
I doni che possiamo offrire gli uni agli altri sono testimonianza della nostra fedeltà al Vangelo, alla Tradizione e all’insegnamento della Chiesa Indivisa; sono anche uno stimolo che conoscerci meglio e poter essere veramente annunciatori di un messaggio nuovo, che porta Luce in questo mondo resosi talmente buio e oscuro per il peccato e per l’abbandono della strada indicatoci da Cristo. Intenti che condividiamo quotidianamente con il nostro amato Fratello della Chiesa di Roma, Papa Francesco e col quale ci accomuna il profondo senso di responsabilità davanti a Dio, davanti alla Chiesa e davanti alla storia.
Potremmo citare molti esempi, ma ci limiteremo questa sera a due, che riteniamo degni di nota per presentare la Chiesa Ortodossa a chi non conosce molti suoi aspetti, ricordando il ruolo della “sinodalità” come è vissuto in Oriente e il nostro impegno per la salvaguardia dell’ambiente naturale e di tutto ciò che esso contiene.
La Sorella Chiesa Romano-Cattolica, e quindi anche la Vostra diocesi, sta sperimentando, meditando, pregando e vivendo in questi anni il Cammino sinodale nella dimensione parrocchiale, diocesana e universale, che coinvolge il popolo di Dio e la sua missione nella società.
La parola “Sinodo” nella Tradizione della Chiesa ci riporta alla Rivelazione. Essa è composta dalla preposizione σύν – con, e dal sostantivo ὁδός – via, e indica il cammino fatto insieme dal Popolo di Dio. Ci rimanda pertanto al Signore Gesù che presenta sé stesso come «via, verità e vita» (Gv 14,6).
Allo stesso tempo “Sin-odos” manifesta la convocazione in assemblea dei discepoli di Gesù e in alcuni casi è sinonimo della comunità ecclesiale. San Giovanni Crisostomo, ad esempio, scrive che Chiesa è “Ἐκκλησία συνόδου ἐστὶν ὄνομα – nome che sta per cammino insieme-σύνoδος “ (Exp. in Psalm., 149, 1: PG 55, 493). La Chiesa infatti – spiega – è l’assemblea convocata per rendere grazie e lode a Dio come un coro sotto l’azione e la guida dello Spirito Santo, che tiene insieme in armonia l’intera chiesa (Atti 15,28) , poiché coloro che la compongono, mediante le loro reciproche e ordinate relazioni, convergono nell’ἁγάπη (amore) e nella φιλαδελφεία (amore reciproco nel rispetto reciproco).
Con un significato specifico, sin dai primi secoli, vengono designate con la parola “sinodo” le assemblee ecclesiali convocate a vari livelli (diocesano, provinciale o regionale e patriarcale) per individuare e risolvere, alla luce della Parola di Dio e con la grazia dello Spirito Santo, le questioni dottrinali, liturgiche, canoniche e pastorali che via via si presentavano.
Potremmo dire “che la istituzione sinodale nelle sue condizioni storiche, oltre che teologiche, è nata dalla formazione eucaristica della Chiesa, cioè dal corpo e dall’esperienza specifica della comunità ecclesiale, ogni volta che questa si riunisce “da sola” per celebrare la santa Eucaristia. Pertanto, l’atto e la vita della stessa comunità eucaristica sono sinodali per eccellenza. Il carattere eucaristico dell’istituzione sinodica spiega anche perché la composizione dei sinodi fosse in primo luogo episcopale. Il vescovo non diventa fonte di potere e di amministrazione nella comunità ecclesiale, perché come individuo mediante la sua ordinazione raccoglie poteri giudiziari. Come Capo dell’Eucaristia, egli costituisce ed esprime l’unità dei membri del corpo eucaristico, cioè la cattolicità della Chiesa locale. Allo stesso tempo, la Chiesa locale, soltanto attraverso il suo vescovo, trascende ogni orientamento localista e introverso e si unisce con le altre Chiese locali nella comunione di un’unica Chiesa” (S.Yanatzoglou).
In occasione della riunione dei vescovi per la celebrazione del mistero eucaristico, si poneva automaticamente la questione di chi la presiedesse. Da questo evento eucaristico-sinodale è nata la funzione del “protos” – il primo, nell’istituzione sinodale, plasmando l’intera struttura amministrativa e organizzativa della Chiesa. A seguito di ciò si sono varate nuove forme di espressione dell’unità delle Chiese locali, come il sistema metropolitano, i concili ecumenici, l’istituzione della Pentarchia e le moderne Chiese ortodosse autocefale.
Il 34° Canone Apostolico sintetizza l’importanza dell’istituzione sinodale come evento di comunione delle Chiese locali ed evidenzia la funzione della prima non come subordinazione, ma come rapporto di allineamento in un contesto di reciprocità e interdipendenza con gli altri vescovi. “I vescovi di ogni nazione conosceranno per primo quello tra loro, e lo considereranno capo, e non faranno nulla senza questo parere; ma questo solo lo farà ciascuno, qualunque cosa imponga alla sua parrocchia, e nei paesi sotto Esso. Ma non è senza l’opinione di tutti, qualunque cosa accada. Così, infatti, vi è l’unità e Dio è glorificato, per mezzo del Signore, nello Spirito Santo: Padre, Figlio e Spirito Santo» (Constitutiones Apostolorum, VIII, 47).
Il “Protos” non fa nulla senza il consenso degli altri, ma gli altri vescovi non procedono senza il Primo in azioni che riguardano non solo la propria diocesi ma anche le altre Chiese locali. L’amministrazione della Chiesa, pertanto, costituisce anche il modo di esprimerne la verità e l’unità. Il Sinodo, quindi, non è al di sopra delle Chiese locali o dei vescovi, ma è proprio l’espressione della loro comunione, consenso e unità.
Ogni vescovo, in quanto capo di una Chiesa locale, trasmette al Sinodo l’espressione della fede e della vita dei membri del corpo eucaristico e non solo le sue convinzioni individuali. Le decisioni sinodali, in quanto tali, vengono poi sottoposte a un processo di accettazione da parte di tutta la Chiesa, ove l’azione dello Spirito Santo, che «costituisce l’intera istituzione della Chiesa», costituisce il fondamento sia per l’assunzione che per l’accettazione delle decisioni sinodali, come riconoscimento dell’unità all’interno della Chiesa.
La sinodalità si presenta come evento di comunione e di unità, come espressione dell’ethos ecclesiale, come rete di relazioni interpersonali e non come organizzazione impersonale e funzione istituzionale. Il Sinodo nella Tradizione ortodossa, senza essere una struttura al di sopra delle Chiese locali, collega organicamente le Chiese locali, superando la tentazione dell’organizzazione globale. La sinodalità, quindi, è evento di unità e di comunione dei membri di ciascuna comunità ecclesiale particolare, ma anche delle Chiese locali tra loro ed è inconcepibile senza l’assemblea e l’esperienza della Divina Eucaristia.
Ne consegue che la sinodalità riguarda la comunione e la partecipazione attiva di tutti i membri della Chiesa locale alla sua vita a tutti i livelli, dalla parrocchia e diocesi al sinodo di una Chiesa locale. La funzione del vescovo è espressione della sinodalità come fondamento cristocentrico del mistero dell’unità. Ecco perché la sinodalità funziona con la partecipazione paritaria e rappresentativa dei vescovi a tutti gli organi sinodali delle Chiese locali. Allo stesso tempo, il vescovo deve essere circondato e aiutato dalla partecipazione attiva del pleroma della sua Chiesa locale. E questo vale sia a livello locale, diocesano, metropolitano, e patriarcale. Non si tratta, infine, di qualche cosa di specifico dell’Ortodossia, ma di quanto è stato stabilito nei canoni del Primo Concilio Ecumenico, nell’anno 325 a Nicea, di cui le Chiese Cristiane assieme festeggeranno il prossimo anno i 1700 anni dalla sua convocazione, e dal secondo e dal quarto Concilio Ecumenico, quando la Pentarchia, ossia le antiche apostoliche di Roma, Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme, ha espresso il corretto modo di amministrare la Chiesa. Oggi la sinodalità, così come è vissuta nella Chiesa Ortodossa, può essere di aiuto e stimolo alla Sorella Chiesa Romano-Cattolica per ricomprendere, alla luce della Tradizione della Chiesa e dei Concili Ecumenici, il rapporto tra Chiesa Locale e Chiesa Universale.
La teologia Ortodossa sottolinea lo stretto rapporto della istituzione sinodale con la Divina Eucarestia, del funzionamento sinodale con la realizzazione eucaristica della Chiesa. E la sinodalità rimanda alla verità che tutti gli aspetti della vita ecclesiale, l’insegnamento e l’annuncio, la vita liturgica, la testimonianza pastorale e sociale, costituiscono espressioni del corpo ecclesiale come comunità eucaristica e sinodale, come comunione di persone e di solidarietà.
Questo vale anche per l’“uso eucaristico del mondo”, per l‘ethos che ama l’ambiente e la attiva operosità della Chiesa per la protezione dell’ambiente naturale, come dimensione della testimonianza della Chiesa, così come evidenzia anche il Metropolita Giovanni di Pergamo (Zizioulas) di beata memoria. La Divina Eucarestia è “l’accettazione di fatto più positiva del mondo e della creazione”. La comunione poi ai doni divini, come soggiunge il fratello di beata memoria, non è “solo comunione con Dio e con gli altri fedeli”, ma anche “ricezione di cibo” e “incorporazione della materia”.
Su queste basi, si comprende anche il fatto che la preoccupazione amorevole per l’ambiente e lo sviluppo della ecologia teologica non costituiscono semplicemente una reazione occasionale alla contemporanea crisi ecologica, ma sgorgano dal centro della sua vita. La vita ecclesiale è “ecologia applicata “. La Chiesa è di per sé stessa una vittoria contro le forze che contribuiscono alla distruzione della creazione assai buona di Dio. Attraverso il collegamento della struttura eucaristica e sinodale della Chiesa si può comprendere la identità della ecologia teologica e il suo riferimento al tessuto e all’orientamento escatologico dell’intera vita ecclesiastica. In questo senso, quanto diremo di seguito sull’ecologia dal punto di vista teologico, deve essere considerato un prolungamento della “natura sinodale” della Chiesa con la sua essenza eucaristica come anello di congiunzione.
L’aspetto sinodale della Chiesa Una, Santa, Cattolica e Apostolica, ha sollecitato prima il nostro Patriarcato Ecumenico, poi le altre Chiese Ortodosse ed infine l’intero mondo Cristiano ad una visione del creato datoci da Dio non per soddisfare le brame di potere dell’essere umano, ma perché possiamo essere degni economi di quanto Dio ci ha dato. Fin dal 1989 il Patriarcato Ecumenico ha indetto il primo settembre di ogni anno, – inizio dell’anno ecclesiastico – come giorno di preghiera per la salvaguardia dell’ambiente naturale.
Il santo e Grande Concilio della Chiesa Ortodossa, celebrato a Creta nel 2016, ha a tal proposito affermato che: “la creazione si afferma e l’uomo è incoraggiato ad agire come economo, custode e “sacerdote” della creazione, portandola davanti al Creatore in modo glorificante” (Enciclica §14). L’atto del custodire manifesta una peculiare attenzione al “soggetto primo” del custodire. Non si tratta di prendersene solamente cura, o di porre una particolare attenzione o ancora di vegliarne l’esistenza, ma di partecipare pienamente al suo essere tale. Non si è trattato di costituire un nuovo movimento ecologico di ispirazione cristiana, ma di percepire attivamente e profondamente il valore eucaristico del creato, di riscoprire il ruolo dell’uomo nell’economia della creazione e leggere il creato come occasione di eucaristia, di offerta e rendimento di grazie: ossia il ricomporre l’armonia con tutti gli esseri animati e inanimati, affinché l’uomo torni ad essere la speranza offerta alla creazione che, assieme a lui, “geme e soffre in attesa della redenzione”, come spiegava il Metropolita di Pergamo Joannis Zizioulas, di beata memoria.
Come abbiamo scritto alcuni anni orsono, “l’interesse della Chiesa per la salvaguardia del creato è una estensione della Divina Eucarestia in tutte le dimensioni della sua relazione col mondo. La vita liturgica della Chiesa, l’ethos ascetico, il servizio pastorale, il modo di vivere la croce e la resurrezione dei fedeli, il desiderio implacabile dell’eternità, formano una comunità di persone, attraverso la quale la realtà naturale non è oggetto, materiale pratico per coprire le necessità della persona e della umanità, ma è azione, destino, creazione del Dio personale, che ci chiama ad esserne rispettosi e a salvaguardarlo, essendone divenuti suoi “collaboratori”, “economi”, “custodi” e “sacerdoti” della creazione, perché coltivassimo una relazione eucaristica con il creato”. (Enciclica del 2019).
La sensibilizzazione ambientale, nel vasto ambito teologico, ha compreso via via anche il tema della giustizia sociale equa, come elemento fondante la protezione dell’ambiente. L’economismo, spinto alle estreme conseguenze e l’orientamento economico attuale si muove nella massimizzazione dei profitti, con la illusione che la natura possa rinnovarsi da sé, relegando la protezione della casa comune, offertaci da Dio, a una mera “ideologizzazione dei movimenti ecologici” (Enciclica 2020). Allo stesso tempo, questa protezione si è estesa anche alle culture, ai monumenti simbolo, patrimoni dell’umanità, che spesso non ricevono il rispetto loro dovuto. Rispettare l’ambiente significa pertanto rispettare l’essere umano nella sua interezza e non renderlo schiavo di sistemi alienanti, di chiara indole fondamentalista.
Oggi l’ambiente naturale è minacciato come mai nella storia dell’umanità. L’entità della minaccia viene rivelata dal fatto che la posta in gioco non è più la qualità della vita, ma la sua conservazione sul nostro pianeta. Per la prima volta nella storia, l’uomo può distruggere le condizioni della vita sulla terra. Le armi nucleari sono il simbolo del titanismo prometeico dell’uomo, manifestazione tangibile del “complesso di onnipotenza” dell’attuale “uomo-dio”. (Enciclica 2020).
In questa battaglia spirituale, vi è una profonda convergenza con Papa Francesco e l’impegno delle Chiese Cristiane a favore dell’ambiente naturale, che comprende anche i concetti di pace, giustizia equa, lotta ad ogni tipo di fondamentalismo, è unitario. Purtroppo, il sorgere di nuovi nazionalismi, il piegare il messaggio salvifico di Cristo ad elementi estranei alla teologia cristiana in alcuni ambienti ed anche in alcune Chiese, sta producendo una distorsione della realtà in molte aree del mondo, favorendo il sorgere di guerre fratricide e di immani sofferenze a popoli e ambiente.
Non ci faremo scoraggiare da questi eventi, ma uniti e in preghiera, testimoniando la verità sempre e ovunque, continuiamo il nostro annuncio che la nostra salvezza è solo Gesù Cristo, col Padre e lo Spirito Santo, nei secoli.
Grazie per l’attenzione.